Tributi Locali, il pignoramento dei conti correnti non è una novità

Sulla questione del pignoramento dei conti correnti per i tributi locali fin troppo si è detto (spesso errando): la verità è nell’esecutività degli accertamenti estesa a IMU-TASI-TARI e, in generale, alle tasse comunali

Fin troppo si è discusso, spesso invano (almeno leggendo un po’ in rete) sulla questione del pignoramento dei conti correnti anche per i tributi locali. La Legge di Bilancio introduce, innanzitutto, gli avvisi di accertamento esecutivi anche nel mondo della fiscalità locale. Questa è la grande, suprema e incontrovertibile verità. È questa (e questa soltanto) la grande novità che viene fuori dalla Manovra 2020.

L’idea del pignoramento dei conti correnti per gli evasori è forte, certo. Ma non qualifica né storicizza il problema. La questione non va infatti rintracciata nel pignoramento dei conti correnti per chi non paga IMU, TASI e TARI ma, piuttosto, nei livelli, per certi versi estremi, di evasione delle tasse comunali. I comuni spesso devono fare i conti con un tasso di evasione sproporzionato, con punte decisamente troppo elevate al sud. In media un comune “virtuoso” incassa tra il 70% e l’80% di quanto dovrebbe. Spesso un comune, in un anno, incassa a malapena il 50% del ruolo TARI di competenza dell’anno. Nuovi strumenti per incentivare il recupero dell’evasione dei tributi locali sono necessari.

A seguito dell’emissione e della notifica degli avvisi di accertamento, normalmente gli enti locali incassano un ulteriore 30% del totale evaso. Il restante 70% dovrà essere avviato necessariamente a coattivo, con tutte le lungaggini connesse. Le nuove previsioni normative, dal 1 gennaio 2020, genereranno (si spera) effetti virtuosi sia sulle percentuali di riscossione degli enti sul ruolo ordinario o, comunque, sull’IMU in acconto e a saldo e, soprattutto, un netto aumento della percentuale incassata a seguito dell’emissione degli avvisi di accertamento.

Si perché la grande differenza non sta nel pignoramento dei conti correnti. Anche prima che venisse scritta la riforma della riscossione dei tributi locali, infatti, gli enti procedevano al recupero coattivo delle somme entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l’accertamento era diventato definitivo. Insomma, nella previgente previsione normativa, il recupero coattivo doveva necessariamente seguire all’avviso di accertamento. L’iter era leggermente più lungo, in quanto il legislatore finiva per frapporre ulteriori adempimenti tra l’accertamento e il coattivo.

La Finanziaria 2020, in sostanza, non fa altro che “anticipare” leggermente i tempi, rendendo gli avvisi di accertamento emessi dagli enti locali immediatamente esecutivi: il che significa che, rispetto alla previgente normativa, decorsi 60 giorni dalla notifica dell’avviso di accertamento l’ente potrà procedere direttamente al recupero coattivo delle somme evase e non versate neanche durante le procedure di accertamento.

In definitiva, toccherà ribadire che il nuovo sistema non introduce affatto una novità rispetto a quanto previsto in passato dalla normativa in materia di recupero coattivo degli enti locali ma, semplicemente, si limita a ridurre i tempi perché l’ente possa procedere a recuperare le somme tramite pignoramenti, fermi amministrativi o iscrizioni d’ipoteca. Questo aspetto, di non poca rilevanza, ha sicuramente importanti implicazioni giuridiche, sociali ed economiche ma, senza dubbio, non rappresenta una novità nel panorama giuridico italiano.

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